Vogliamo essere amati. In mancanza di ciò ammirati; in mancanza di ciò temuti; in mancanza di ciò odiati. Vogliamo suscitare negli altri qualche sorta di emozione. L'anima trema davanti al vuoto ed ha bisogno di un contatto ad ogni costo. Hjalmar Soderberg
Il lavoro con le coppie è molto particolare. Solitamente le coppie che si presentano in psicoterapia hanno una difficoltà a confrontarsi in maniera rispettosa. Il piu delle volte nascono incomprensioni a causa di vissuti emotivi non risolti con la propria famiglia di origine.
Le dinamiche inconsce dovute a ciò che si è interiorizzato nel passato influisce negativamente nella nuova progettualità relazionale innescando incomprensione e distanza emotiva.
È importante lavorare nell’ individualità per conoscere come alcune organizzazioni emotive si sono irrigidite creando incomunicabilità con l’altro e mancato contatto con se stesso.
È importante lavorare con momenti di condivisione per potersi confrontare per un benessere comune e di maggior comprensione empatica.
Diventiamo ridicoli solo quando vogliamo apparire ciò che non siamo.”Giacomo Leopardi
Pablo Picasso, Buste de Femme au Chapeau, 1962. Museum Boijmans Van Beuningen
L’essere umano si è sempre occupato del problema tra il rapporto di
ciò che è percepito oggettivamente (cosi com’è per esempio un oggetto
nella sua configurazione) e ciò che è concepito soggettivamente (così come organizziamo la nostra personale esperienza secondo le nostre personali sensazioni). Tale complesso quesito è stato sollevato da D. Winnicott, noto psicoanalista.
Nella mia esperienza clinica ritrovo spesso persone tormentate dalla confusione di ciò che è sentito reale ed autentico e da ciò che invece è vissuto come non reale, quasi non appartenente a sè “un enorme groviglio per la propria esistenza, perchè a volte la sensazione è di non vivere la propria vita”. Si è confusi nel riconoscere i bisogni ma anche i desideri, le ambizioni che autenticamente appartengono a sè, quindi l’identità non si sviluppa in maniera fluida e naturale.
La comprovata ricerca sul campo evolutivo, ci indica, come sia importante per la crescita dell’uomo, l’aspetto affettivo ed empatico di come il senso reale del sé di un bambino si sviluppi grazie ad un adulto maturo capace di buona sintonizzazione ai bisogni dei piccoli, ma ciò che conta è la sufficiente risposta che viene data e convalida degli stessi stati emotivi. Sarà in questo caso, successivamente, un adulto, capace di stare in pieno contatto con se stesso e con la propria soggettività, con il proprio senso autentico della sua esperienza che si evolve nella sana direzione in termini di continuità e coerenza con sè e gli altri.
La motivazione che spinge l’uomo a fare scelte e che orienta pensieri e azioni dipende in larga misura dall’esperienza vissuta e dagli scambi affettivi ed empatici ricevuti.
E’ un’area di base, “l’affettività o l’anaffettività” collegata alla possibilità di ricevere empatia o meno da chi ci circonda, che orienta la nostra esperienza di vita in termini di sentirsi o meno esistenti nel proprio modo o adattati al modo dell’altro. Il senso reale in termini soggettivi è riferito quindi alla sensazione, alla percezione di ciò che sentiamo nella nostra esperienza di vita, e la capacità di saperli esprimere spontaneamente. In fase precoce la presenza di un adulto che supporta e contribuisce al processo di crescita, facilita lo sviluppo in linea col personale disegno di vita in continua conoscenza, in coerenza con lo sviluppo delle inclinazioni personali che lo aiuteranno a sviluppare la sua identità in maniera sana e autentica .
Il contatto, il modo in cui una madre per esempio tiene in braccio
il proprio bambino, lo sguardo, il ritmo e l’intonazione della voce
forniscono degli indicatori di scambio affettivo importanti per il
bambino, poi adulto. E’ importante decifrare bene (usando l’empatia e la
conoscenza del proprio figlio) dare il giusto nome agli stati emotivi
del piccolo, e rispondere alle sue richieste “regolandolo” ; ciò aiuta a
definire la sua soggettività. Ma se la risposta al bisogno dato
dall’adulto non coincide con lo stato emotivo che lui prova, oppure i
suoi bisogni sono del tutto ignorati ed assenti, è facile crescere più confusi che mai
sul chi siamo, cho vogliamo diventare. Ciò genera la ricerca di
conferme continue, di dipendenza a scelte di relazioni disfunzionali
che spesso invece confermano il proprio “non essere”. Si è disorientati
nel giudizio che l’altro fornisce e nella ricerca paradossale che
l’altro può attribuire “si diventa ciò che l’altro si aspetta”.
La mancata difficoltà dell’adulto di riconoscere la sua stessa difficoltà a comprendere il bambino ed a rispondere empaticamente, tende ad essere, quindi un fattore di rischio per un possibile deragliamento dello sviluppo soggettivo del bambino, in quanto ostacolo per lo sviluppo autentico del Sé e per la propria unicità identitaria. Spesso ci si adatta alla soggettività dell’altro pur di mantenere il legame pseudo-affettivo, si presenta una sintomatologia e si rinuncia al personale sentito. La propria soggettività rischia di rimanere estranea a se stessa.
Questo processo avviene in modo inconsapevole, non voluto da nessuno,
nessuno ha colpa e la situazione non cambia fino a che qualcuno, spesso
l’adulto genitore, spesso il bambino diventato adulto non si mette in
discussione e apre possibilità esplorative di conoscenza soggettiva e
scioglie modelli di relazione irretiti e ripetitivi, conformi più alle
aspettative altrui che al proprio contatto con se stessi.
Sottolineo ancora, come spesso l’adulto accudente, inconsapevolmente
sostituisce il gesto del bambino secondo il proprio bisogno. Kohut,
direbbe che ci troviamo dinanzi ad un adulto narcisistico, incapace di
empatizzare con il proprio figlio ma impone inconsapevolmente i propri
bisogni all’altro, spesso inappagati e frustrati. La conseguenza porta
il piccolo a non avere possibilità di comprendere i suoi stati emotivi
ed i suoi bisogni vengono disconosciuti; impara ad adattarsi senza
possibilità di scelta, senza possibilità di verbalizzare ed esprimere,
senza possibilità di consolidare i suoi stati e la sua soggettività non
si sviluppa in modo strutturata e fluida. Da adulto si rende conto che
non sa chi sia. Non sa stare in contatto emotivo con sè.
Tristemente, infatti Il risultato della confusione sopracitata,
ricade sulla sensazione che alcune persone hanno di “non esistenza”.
Winnicott, pediatra e noto psicoanalista individua tale risultato nel “falso sé”,
un sé custode che in qualche modo protegge, preserva il vero sé, lo
nasconde per qualche motivo specifico, esso è ciò che si presenta al
mondo esterno. Si diviene, a volte, ciò che l’altro desidera ed a parlare è la sintomatologia.
“L ‘integrazione dell’esperienza reale, tuttavia, non è mai completato e nessun essere umano è libero dalla tensione di mettere in rapporto la realtà interna con la realtà esterna
e che il sollievo da questa tensione è provveduto spesso da un’area
intermedia di esperienza, indiscutibile, per cui si libera la personale
creatività come può essere un arte, un particolare lavoro, la scrittura…
“E’ questa un’area di gioco necessaria, in cui apparentemente ci si
perde ma si riconquista la propria autenticità”. La complessità di
tutto ciò è spiegato in modo semplicistico ed è riduttivo in tale
contesto.Essere empatici e rispondere alle esigenze del bambino non
significa mancare di disciplina ma facilitare lo sviluppo di ciò che si è attraverso l’empatia e il do contatto emotivo con colui che sta crescendo.
La terapia serve anche a trovare altre modalità di sviluppo in cui
affettività e soggettività vanno a braccetto, non sono necessariamente
rinunciatarie l’una dell’altra ma fanno parte di un’integrazione, ma ciò
implica riconoscimento e consapevolezza. Tale processo di sviluppo ha
bisogno del giusto tempo per avviarsi e prendere la forma più consona a
sé, per incontrare se stessi, attraverso un percorso di contatto
emotivo, di conoscenza e sblocco verso la propia realizzazione della
propria unicità come persone. Autore: Marialba Albisinni
Non dimenticare mai che c’è una soggettività per ogni persona
I disturbi di personalità cominciano a svilupparsi durante l’arco della vita e l’esordio avviene per lo più in adolescenza e tarda adolescenza.
Lo scopo è informare, intervenire quanto più possibile sulla prevenzione prima che il disturbo si cronicizzi.
Tutti i disturbi di personalità provocano una grande sofferenza e hanno origini psicologiche esplorabili e da comprendere. La valutazione può essere fatta solo tramite colloqui clinici o test diagnostici da parte dello psicologo.
Si parla di disturbo di personalità quando il disagio interiore e comportamentale è pervasivo e inflessibile, esordisce nell’adolescenza o nella prima età adulta, è stabile nel tempo e determina disagio o menomazione (invalidità).
Gruppo A: disturbo paranoide, schizoide e schizotipico di personalità. Gli individui di questo gruppo spesso appaiono strani ed eccentrici (sul versante più psicotico).
Il disturbo paranoide di personalità: è un pattern caratterizzato da sfiducia e sospettosità, per cui le motivazioni degli altri vengono interpretate come malevole. Il disturbo schizoide di personalità: è un pattern caratterizzato da distacco dalle relazioni sociali e da una gamma ristretta di espressività emotiva. Il disturbo schizotipico di personalità: è un pattern caratterizzato da disagio acuto nelle relazioni affettive, distorsioni cognitive o percettive ed eccentricità nel comportamento.
Gruppo B: include il disturbo antisociale, borderline, istrionico e narcisistico di personalità. Gli individui di questo gruppo appaiono amplificativi, emotivi ed imprevedibili (sul versante stati limiti, personalità eccentriche).
Il disturbo antisociale di personalità: è un quadro caratterizzato da inosservanza e violazione dei diritti degli altri. Il disturbo borderline di personalità: è un pattern caratterizzato da instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e degli affetti, e da marcata impulsività. Il disturbo istrionico di personalità è un pattern caratterizzato da emotività eccessiva e da ricerca di attenzione. Il disturbo narcisistico di personalità è un pattern caratterizzato da grandiosità, bisogno di ammirazione e mancanza di empatia.
Gruppo C: include i disturbi evitante, dipendente e ossessivo compulsivo. Gli individui di questo gruppo appaiono spesso ansiosi e timorosi (sul versante nevrotico, personalità angosciante).
Il disturbo evitante di personalità: è un pattern caratterizzato da inibizione sociale, sentimenti di inadeguatezza e ipersensibilità ai giudizi negativi. Il disturbo dipendente di personalità: è un pattern caratterizzato da comportamento sottomesso e adesivo legato ad eccessivo bisogno di essere accuditi. Il disturbo ossessivo compulsivo di personalità: è un pattern caratterizzato da preoccupazione per l’ordine, perfezionismo ed esigenze di controllo.
Non dimenticare mai che c’è una soggettività per ogni persona
Nella mia esperienza clinica ritrovo spesso persone tormentate dalla confusione di ciò che è sentito reale ed autentico e da ciò che invece è vissuto come non reale, un enorme groviglio per la propria esistenza.
Oramai la comprovata ricerca sul campo evolutivo psicoanalitico (Infant Research), ci indica come sia importante per la crescita dell’uomo l’aspetto affettivo e di come il senso reale del proprio sé si sviluppi grazie alla buona sintonizzazione agli stati affettivi e alla convalida degli stessi da parte di colui che si occupa del bambino. La sintonizzazione empatica faciliterà poi, lo sviluppo di un adulto maggiormente capace di stare in pieno contatto con se stesso, con i propri bisogni e con la propria soggettività, capace di dare parola e consapevolezza e rappresentazione ai propri stati emotivi, a negoziare meglio i propri conflitti, prevenendo cosi sofferenza e dissociazioni patologiche.
La sintonizzazione precoce empatica verso di noi, regola affettivamente gli stati emotivi consentendo così, lo sviluppo di un’identità più sana. La sensazione di non esistere, o di confondersi tra ciò che è reale e ciò che non lo è, indica che probabilmente l’identità non si è sviluppata secondo la naturale tendenza in termini di sensazioni, bisogni, ambizioni, ideali ma si è accomodata tendenzialmente alle esigenze dell’altro. Le probabili mal sintonizzazioni dell’adulto accudente o i cosiddetti traumi relazionali tendono ad ostacolare la crescita psicologica procurando così un deragliamento nello sviluppo soggettivo. Spesso ci si adatta troppo ai bisogni dell’altro, pur di mantenere il legame affettivo rinunciando così al personale sentito; la propria identità quindi, rischia di rimanere estranea a se stessa. Tali dinamiche si consolidano nella parte inconscia, che rimane sconosciuta e che viene esperita nell’esperienza relazionale causando un’intima sofferenza.
E’ un’area di base “l’affettività” che orienta tutta la nostra esperienza di vita.
La psicoanalisi intersoggettiva aiuta anche a trovare altre modalità di sviluppo per cui affettività e soggettività non sono necessariamente rinunciatarie l’una dell’altra; tale processo di sviluppo ha bisogno del giusto tempo per avviarsi e prendere la forma più consona alla propria identità e concedersi un’intersoggettività più sana.
– Che cos’è l’equilibrio narcisistico? Cosa lo differenzia dal patologico?
“L’ equilibrio narcisistico” è fondamentale per l’ esistenza di ogni essere umano e con equilibrio mi riferisco a ciò che intende la psicologia del sè: è la condizione di equilibrio interno in cui i nostri valori, ideali, principi, ambizioni e mete possono avviarsi; sono in qualche modo attivi, organizzati e armonizzati in termini di vitalizzazione verso il nostro naturale senso di autorealizzazione. L’equilibrio narcisistico concide con la sensazione di sentirsi in qualche modo “coesi” con se stessi e questo può avvenire se si è stati emotivamente sostenuti ed affettivamente riconosciuti. Continua a leggere “Narcisismo e Psicoterapia: la ferita narcisistica genera rabbia”→
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