Vivere oltre il trauma

Vivere oltre il trauma

Edvard_Munch_-_Melancholy_(1894)“Vivere oltre il trauma è un diritto di chi lo ha subito”.

Da sempre i temi sul “trauma psicologico” interessano fortemente il  mio campo professionale. Trovo importante informare su cos’è il trauma affettivo ed emotivo, quanto sia importante integrarlo nella propria organizzazione esperienziale e quanto questo dolore non elaborato tende fortemente ad influenzare negativamente le esperienze successive, spesso rimane dimenticato o depositato in una nicchia isolata della psiche;  agisce nelle relazione, sovrasta altre parti del sè funzionali e diviene una sofferenza inspiegabile.

Spesso non c’è a livello di coscienza ma agisce e coinvolge l’emotività, gli aspetti più interni e relazionali, non dà possibilità alla psiche di riconoscerlo ed elaborarlo e agisce  nel tempo.

Il trauma psicologico è il risultato di un evento particolarmente stressante o di una serie di eventi apparentemente non stressanti, ma capaci di agire nel tempo con effetto cumulativo (Fonte: SPI Società Psicoanaitica Italiana)

Il trauma si paga a caro prezzo, poichè spesso compromette il sano sviluppo della personalitá, si vive in piena sofferenza, anche se apparentemente la vita procede. Ci sono persone che vivono in una condizione di allerta emotiva continua, come se qualcosa dovesse accadere, in un elevata tensione di preoccupazione inspiegabile, di paura. Il trauma è un’esperienza di forte impatto emotivo, collegabile a esperienze altamente stressanti a livello psico-fisico, di affetti intollerabili che non hanno trovato una necessaria integrazione (Krystal, 1978) poichè troppo forti, poichè incompresi, non accolti nel loro dolore e in quella consapevolezza che aiuta ad affrontarli come tali.

Esistono diversi tipi di trauma, dal maltrattamento, all’abuso, alla violenza e traumi precoci relazionali, lutti importanti, abbandoni, disconferme di sè, forti umiliazioni, è ancor più traumatici se provengono da persone significative e affettivamente importanti.  Parti di sè divengono indicibili, o in apparente riposo “assetti psichici dissociati dalla coscienza” che invece continuano ad operare e sono evidenti nella sofferenza interiore e nel comportamento relazionale della persona. Lasciano tracce indelebili anche nella vita adulta. La fase precoce del nostro sviluppo non si ricorda facilmente, ma a volte si ha una vaga idea della propria storia e da adulti può capitare che la vita prosegue con angosce, preoccupazioni, difficoltà relazionali e depressioni apparentemente inspiegabili, a volte sopraggiunge la depersonalizzazione.

La psicoanalisi si è occupata da sempre di come il trauma agisca con sofferenza anche a distanza di tempo. A parte la sofferenza, a volte un comportamento irrigidito, a volte la sintomatologia allerta che qualcosa non sta funzionando, ma il tutto rimane insipiegabile.

L’elaborazione dell’esistenza storica è significativa poiché “il trauma distrugge il tempo” ossia si verifica una retroazione del presente sul passato (Stolorow, 1980)

Il provare dolore in sé non è patologico, ma tendenzialmente chi ha provato un dolore dovuto ad un trauma emotivo e non ha trovato una possibile comprensione (casa relazionale)  tende a  dissociare parti di sé importanti che esistono ma che trovano una collocazione in parti isolate che vengono agite poi, per esempio nelle relazioni definite malate ed instabili.  L’esperienza emozionale rimane bloccata e agita inconsciamente, a volte congelata in sintomi corporei senza nome, ed ecco qui che paranoie, ipocondrie, ossessioni, somatizzazioni, angoscie, depersonalizzazioni, e problematiche relazionali prendono il sopravvento.

Tendenzialmente la vita scorre nel presente ma è l’esperienza del trauma che ha il sopravvento con le sue paure non riconosciute e il senso della propria continuità temporale si arresta nel passato, ma si è ignari di tutto ciò. Quindi ”La drammaticità di un avvenimento è legata al suo senso che spesso rimane isolato, sconosciuto ed inespresso dal resto della personalità ma al contempo interferisce sulle relazioni e sul proprio senso di solitudine”.Il senso di identità e stabilità del proprio sé rimane fragile e le “difese” disfunzionali, caratterizzati dalla paura,  prendono il sopravvento sulla possibile “continuità” del proprio vivere.

L’uomo ha un costante bisogno di continuità riguardo la propria esistenza e il trauma interrompe questa fisiologica coerenza e linearità  della propria vita; è come se l’uomo non si sentisse più padrone dei propri stati mentali e delle proprie azioni. Il trauma emotivo spesso si distanzia dalla possibilità di essere elaborato cognitivamente perché troppo doloroso e la persona che l’ha subito non riesce a rappresentarselo.

La psicoanalisi si occupa molto del trauma e dei suoi effetti e della cura; nella psicoterapia psicoanalitica  il trauma, con i tempi del paziente e un lavoro di allenza e collaborazione terapeutica, trova una  “possibilità narrativa e relazionale di comprensione” che a lungo andare, lavorandoci con continuità consente di interrompere l’automatismo che è fuori dal controllo volontario.

Stolorow considera “l’ affetto come l’esperienza emozionale soggettiva” che sin dalla nascita è regolato o digregolato all’interno di continuativi sistemi relazionali “sé -altro” e spesso la disconferma della propria realtà affettiva provoca in età adulta uno smarrimento e paure inspiegabili. In psicoterapia si elaborano le difese, le dissociazioni, e le paure che minacciano e allertano   nuove ri-traumatizzazioni. C’è una relazione che si costruisce e si lavora con responsabilità rispettando modi e tempi.

  E’ importante “contestualizzare situazioni” che apparentemente sembrano estranei al trauma e che invece allertano paure inutili ma significative per un nuovo trauma emotivo. L’inconscio emotivo agisce ed interferisce sulle interazioni reali e concrete, in sintesi:

  • Il dolore affettivo viene  sequestrato  da una parte del proprio sé, che rimane fuori dalla propria auto-riflessività cristallizzandosi in  modalità disconosciute.
  • La persona traumatizzata si sensibilizza acutamente  ad esperienza emotive simili al trauma originario anche se le esperienze sono del tutto diverse.
  • Le “difese” si attivano provocando spesso caos affettivo e dissociazioni dei propri stati emotivi poiché sono l’unico modo per sopravvivere a questi sensori. (Ciò si ripete addirittura in analisi quando il paziente troppo sensibilizzato tende ad interpretare isolatamente una possibile ritraumatizzazione anche se il contesto e l’esperienza è del tutto differente ma nel campo dell’intersoggettività c’è una relazione e un canale di apertura e alleanza che permette di lavorarci).

Questa modalità difensiva si attiva nelle relazioni quotidiane  e nell’impossibilità per queste persone, per esempio di viversi bene  legami che invece potrebbero essere importanti e significativi per la propria vita,  avvicinandosi invece a legami distruttivi.

In psicoanalisi il trauma trova altri “significati di senso” ma anche  “relazionali” poiché spesso la paura viene esperita per esempio con l’allontanamento dal terapeuta o con altre modalità di sfida; tipico di molti pazienti traumatizzati che interrompono bruscamente la terapia per fortuna riprendendola, laddove cominciano ad avere paura sia del legame sia dell’incomprensione, a volte umanamente inevitabile da parte del terapeuta.

Vivendo tutto ciò con distacco e paura spesso si continuano a vivere questi sentimenti in solitudine ed estraniamento non affrontando la dinamica inter-soggettiva che invece ha attivato la difesa. Il contesto terapeutico ha una sua cornice protettiva  e “ciò che non può essere discusso non può essere cambiato” ma a volte c’è un indicibile che va compreso anche con il  relazionale (enactment).

Spesso si interrompe la continuità di un nuovo modo di organizzare la propria esperienza essenziale per integrare invece  l’esperienza del trauma e comprendere come esso influisce sulle dinamiche della propria vita presente e sulle prospettive future poiché incastrato nelle esperienze emotive di un intrusivo passato.

“Vivere oltre il trauma è un diritto di chi lo ha subito”.

Autore: Marialba Albisinni

Riferimenti bibliografici:

  • Clinica del trauma e della dissociazione -Philip M.Bromberg
  • L’ ombra dello Tsunami- Philip Bromberg
  • Trauma e esitenza umana – Robert Stolorow
  • I sabotatori interni – Francesco Gazzillo
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