E. Munch – L’urlo
Recentemente le teorie sull’attaccamento ci spiegano come le relazioni tra madre e figlio, in qualche modo mal funzionanti nei primi anni di vita, costituiscono fattori di rischio per strutturare stili di attaccamenti insicuri e disturbi in età adulta. Tali teorie spiegano il funzionamento della mente e lo sviluppo della personalità in termini evoluzionistici.
Gli stili di accudimento dei genitori permettono la formazione di “modelli operativi interni” che vengono mantenuti anche in età adulta. Ciò significa che si strutturano schemi cognitivi o mappe che guidano lo stile di interazione più consono al maternage di riferimento (cioè al tipo di attaccamento strutturato con la figura di riferimento).
Tali schemi sono basati e strutturati su “aspettative e previsioni” riguardo la reazione che ha la figura di attaccamento ai bisogni di conforto del bambino e alla mancata accoglienza degli stessi, per esempio un bambino che piange ed ha un genitore che non ha alcuna reazione consolatoria al suo pianto presenta un fattore di rischio legato all’evitamento (ha più probabilità di divenire un adulto evitante), per cui la sua aspettativa quando sta male è che nessuno lo aiuti.
La comprovata ricerca in questo ambito asserisce che relazioni di attaccamento insicuro danno luogo a sindromi fobiche sia in età infantile sia in età adulta.
Nei bambini con stile di attaccamento ambivalente è stata riscontrata ansia e angoscia da separazione, fobie e disturbi psicosomatici (Lambruschi, Liotti, 1985). I bambini ambivalenti solitamente hanno genitori intrusivi, per esempio una madre intrusiva è colei che interviene anche quando un bambino non presenta un disagio, anticipa un bisogno che non c’è realmente e magari non interviene laddove c’è un reale bisogno. Quindi il bambino ha questa figura di attaccamento importante ma è confuso, e il suo rischio è che ha più probabilità di strutturare relazionali con stile ambivalente. La fobia non è altro che il camuffamento della paura di perdere la madre e comunque il prevedere che in caso di pericolo il caregiver (colui che si occupa delle sue cure) non è disponibile al conforto.
Nei bambini sicuri invece al loro stato di malessere segue la consolazione attenta di un genitore, che da adulto maturo è consapevole di essere responsabile anche in termini educativi ma sa anche entrare in relazione con lui.
La paura di non essere protetto si tramuta in fobia di qualcosa o qualcuno. Tale schema strutturato su una determinata “aspettativa e previsione” viene mantenuta e persiste anche in età adulta e l’ansia per esempio si ripresenta in situazioni di separazioni da figure significative o si tende all’evitamento. Spesso si innescano relazioni di dipendenza ma il significato di tutto ciò necessita di una comprensione esplorativa soggettiva.