“La depressione: narcisismo e vulnerabilità”

“La depressione: narcisismo e vulnerabilità”

Notte stellata sul rodano
Notte stellata sul Rodano- 1888 -Vincent Van Gogh

...E che a nessun costo ero disposto a rinunciarvi in futuro alla storia, sol perchè in passato avevo di essa sofferto. …e ciò che dissi contro <>, lo dissi come uno che di essa imparava lentamente, faticosamente a guarire. Friedrich Nietzsche, da Umano troppo umano, vol. sec.

Lo studio della depressione, da un punto di vista psicologico è stato studiato sin dai tempi di Freud, che con il suo saggio “Lutto e melanconia” (1915) ha cercato di dare una spiegazione eziologica a questo disturbo.

L’orientamento psicodinamico in particolare, cerca di dare una spiegazione del “perché” l’individuo è sovrastato dal forte senso di tristezza ed è  impossibilitato a vivere serenamente la propria esistenza.

Le persone con disturbo depressivo, provano  dei cronici sentimenti di colpa e di impotenza, un’autostima costantemente bassa, una tendenza ad autopunirsi,  una tendenza all’ipercritica e alla rinuncia, soffrono di vulnerabilità narcisistica, rabbia rivolta contro di sè con sentimenti di vergogna e di colpa.

L’approccio psicoanalitico permette di comprendere insieme al paziente,  le motivazioni interne e i significati inconsci che si palesano in sintomi. L’area affettiva è pesantemente compromessa dalla sofferenza. La modalità relazionale di persone che soffrono di questo disturbo è tendenzialmente di tipo dipendente e una delle loro difficoltà sta ad individuarsi come persone capaci e autonome; prevalgono sentimenti di disperazione e vige la credenza che gli eventi non cambieranno mai.

Nel corso degli anni, alcuni studiosi, hanno rilevato nodi tematici e di compromissione psichica sia  emotiva che cognitiva:  l’ autostima e quindi la percezione di se stessi viene completamente compromessa,  l’ aspettativa di sè e degli altri è tendenzialmente collegata al  fallimento, un super-io severo diviene un giudizio che prevale sulla possibilità di  fare e  rabbia e senso di colpa pervadono il sentito di queste persone.

Cominciamo dall’inizio:

La panoramica psicodinamica mette in rilievo il “perché” e il “come” si sviluppa tale disturbo, e come aiutare questi pazienti ad uscire dallo stato di disperazione intrapsichica. Nel suo classico lavoro del 1915 “Lutto e melanconia” Freud differenziò il “dolore da lutto” dalla “depressione melanconica”. Nel primo caso, l’evento precipitante è la perdita reale di una figura significativa, nella melanconia l’oggetto perduto è emozionale piuttosto che reale.

Il melanconico sente una profonda perdita della stima di sé, accompagnata da autoaccuse e senso di colpa, mentre colui che è in lutto mantiene una stima di sé ragionevolmente stabile.

Freud, spiegò la marcata svalutazione di sé tipica dei pazienti depressi come il risultato di una rabbia intensa che viene rivolta all’interno, il sé del paziente si è identifica con l’oggetto emozionalmente perduto. Nella sua opera “l’Io e l’Es”(1922), Freud sostenne che i pazienti depressi hanno un Super-Io severo (l’aspetto morale e giudicante) e prevale un sentimento di colpa per aver mostrato sentimenti ostili verso gli altri.

Studi psicodinamici successivi, mettono in rielievo altri aspetti.  Rado (1928) prese con sé il concetto di “ferita narcisitica”già postulato da Abraham (1924). Tale ferita narcisistica è riferita al sentimento rivolto verso se stessi e all’autostima. Infatti la sua ipotesi sulla depressione è legata all’incapacità dell’individuo di tollerare le delusioni e al fallimento che sente perchè viene data importanza alla valutazione che gli altri hanno di lui; questi ultimi vengono tendenzialmente  considerati unici gratificatori della propria autostima.

Bribring (1953) ampliò nuovamente il concetto di “ferita narcisistica” partendo dal presupposto che la depressione si sviluppasse in seguito alla difficoltà di regolare la propria “autostima”. Aggiunge un elemento significativo ossia che c’è un “ideale dell’io” dovuto all’aspettativa che le persone significative hanno di lui e che si scontra con la “percezione dell’io” riferita invece al reale modo di essere della persona. La rabbia viene rivolta verso se stessi è scatenata da un forte senso di impotenza nell’affermarsi e dall’incapacità di non essere all’altezza delle proprie aspirazioni. Egli considerò la depressione come conseguenza della tensione tra ideali e realtà.

Tre aspirazioni narcisistiche sono altamente investite : “il volere essere amato”, “il voler essere all’altezza” forte e superiore, “il voler essere bravo e amorevole”, per cui qualunque frustrazione o ferita che riduca la stima di sé può tendenzialmente degenerare in una depressione clinica.

Jacobson (1975) in linea con gli studiosi citati, ritiene che a sviluppare il disturbo depressivo è un “io ideale” eccessivamente perfezionista e un super-io eccessivamente severo. Il super-io è riferito all’aspetto morale e al giudizio interiorizzato dalla figura genitoriale. L’individuo depresso costruisce aspettative esagerate e non realistiche nei confronti di sé e degli altri;  l’individuo che non riesce ad essere all’altezza del   suo ideale perfetto, tende a sperimentare  un forte senso di fallimento.

Arieti (1997) parla di “ideologia persistente“, ovvero di ideali che non sono propri ma di altre persone (solitamente genitori) chiamate “l’altro dominante”. In genere questi pazienti non riescono ad immaginare o accettare quadri di riferimento alternativi che possano consentire loro di rinunciare all’altro dominante, credono che la vita non abbia alcun valore se non riescono a sollecitare reazioni significative dell’altro conformi alla risposta desiderata e tendenzialmente aderiscono rigidamente a un piano di vita non realistico al quale non riescono a rinunciare. I pazienti esperiscono alla depressione sul piano psicologico come un disturbo dell’autostima nel contesto di relazioni interpersonali fallimentari. Queste relazioni dell’infanzia vengono interiorizzate e possono successivamente, in età adulta essere riattivate con l’esordio di disturbi affettivi maggiori. Il tormentato mondo interno delle relazioni oggettuali viene allora esteriorizzato anche nell’ambito delle relazioni attuali del mondo del paziente.

Kohut (1971) si è particolarmente occupato degli stati depressivi in individui narcisisticamente vulnerabili, in cui spesso è la sensazione di vuoto a prevalere. Ciò è una conseguenza di risposte non empatiche all’interno della relazione genitoriale, ossia il genitore o le figure accudenti non sono state capaci di comprendere i bisogni dei loro figli compromettendo un sano sviluppo psicologico e affettivo.La mancanza di risposte empatiche e di rispecchiamento, spesso, infatti, provocano un distacco dai propri bisogni, del tutto incompresi ed un vuoto, che spinge alla ricerca incessante di ciò che può riempirlo; spesso  la ricerca di figure sbagliate (fortemente idealizzate) che ripropongono a volte, e purtroppo il trauma creando dipendenza o rotture devastanti per una sana ripresa.

Il lavoro clinico e psicoterapico, in questa prospettiva,  è particolarmente delicato, frutto di un dedito lavoro relazionale tra terapeuta e paziente. La sequenza di questi studi ci fanno capire come essi siano collegati tra loro e come gli autori citati si sono concentrati sulle dinamiche comuni che sottostanno la formazione del disturbo. Il disturbo depressivo può presentarsi in grado diverso, dal più lieve al più grave.

Gradualmente, scoprirsi con dei propri bisogni, personali tendenze, ambizioni e ideali dà la possibilità a queste persone di ritrovarsi ed avere una seconda possibilità di vitalizzazione psicologica,  un diritto di sentirsi esistenti e parte del mondo.

Autore: Marialba Albisinni

Bibliografia:

F. N. Busch, M.Rudden, Theodore Shapiro- Psicoterapia psicodinamica della depressione. Raffaello Cortina- Editore

Heinz Kohut, La ricerca del Sè, Boringhieri

Heinz Kohut,  La cura psicoanalitica, Boringhieri

Un pensiero riguardo ““La depressione: narcisismo e vulnerabilità”

  1. Si parla molto di relazione tra paziente e terapeuta, in effetti a volte è difficile capire perchè ci si sente meglio e a volte peggio durante la terapia e poi imrovvisamente qualcosa cambia in positivo. ..Grazie

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