L’autostima e il senso del sè vulnerabile

L’organizzazione dell’esperienza del bambino è preceduta
dalle percezioni organizzate che la madre ha di lui e da essa dipende. D. Winnicott”

 Immagine: Ammirazione, Bouguereau 1897

Il senso di non sentirsi degni, accettati, il senso di essere pervasi dalle proprie vulnerabilità, l’ ipersensibilità a sentire i personali fallimenti, le colpe, l’intolleranza alle frustrazioni, l’eccessiva rabbia o paura e la percezione di sentirsi eccessivamente deboli e  delusi,  sono aspetti emotivi molto profondi e radicati, che coinvolgono anche la dimensione cognitiva. Tali percezioni vengono elaborate come scarso valore di sè e sono strettamente legati alla propria autostima, che risulta seriamente compromessa.

Il senso del proprio Sé, comincia a svilupparsi fin dall’infanzia e si evolve per la vita, strutturandosi nel tempo. Le problematiche legate alla propria autostima sono frequenti, ed esistono diversi livelli di sofferenza.Spesso il senso del Sé è avvertito come indebolito e indifeso, a volte disintegrato, nei casi più complessi può essere percepito come  senso di vuoto e si manifesta con un disturbo depressivo.

Molti studi, dimostrano, che ciò è la conseguenza di esperienze affettive complesse, a volte “deficitarie”, conseguenza di relazioni malsane con il caregiver (persona di riferimento che si occupa della cura e la crescita del bambino, solitamente è il genitore). Tali relazioni sono carenti di alcune funzioni, quali il supporto, la cura, l’empatia, la rassicurazione, la fiducia, la comprensione e la regolazione emotiva, fondamentali ed indispensabili per la formazione di un  senso del Sè solido e in evoluzione.

Le interazioni ottimali tra il bambino e le persone significative che lo circondano permettono la formazione di un senso del sé integrato, legato alla possibilità di amarsi e alla possibilità di acquisire un appropriato senso di sicurezza necessario per affrontare serenamente la propria esistenza, soprattutto nelle inevitabili  difficoltà della vita.

La  sintonia, la conferma, la rassicurazione congrua con i propri bisogni, permettono al bambino e poi all’adulto di avviare quelli che sono i suoi talenti, quello che è il suo nucleo di iniziativa  realizzativo, il suo divenire e la sua sanità mentale.

L’adulto che si prende cura del piccolo dovrebbe facilitare quelle possibilità sia di cura , sia di realizzazione, tendenzialmente verso ciò che appartiene a quel bambino, più che a se stesso.   I grovigli della nostra esistenza sono rappresentati  da “blocchi  emotivi” che non permettono  la crescita di sè e confondono le direzioni progettuali, smarriscono ambizioni e personali ideali di vita. Nella  psicoterapia, spesso  si lavora per  sbloccare tali processi  e ripristinare le aree di  sviluppo ferme nell’impasse, esplorando e sperimentando terapeuticamente  nuovi modi di organizzare l’esperienza.

Il senso di vuoto, tipico del sentito percepito di alcune persone permane e tende a cronicizzarsi poichè non è mai stato arricchito da ciò che è congruo con il proprio essere nel divenire. Si è quindi, smarriti nella non conoscenza della propria persona e incastrati in un blocco evolutivo che procura malessere e che può manifestarsi in sintomi che procurano sofferenza ma che sono poco definiti.

L’adulto è chiamato ad avere grandi responsabilità, a  rispecchiare stati emotivi che identificano bisogni importanti per la crescita del piccolo, è chiamato a calarsi in una relazione autentica di conoscenza con l’altro e capire chi è, e dove vuole ambire. Ma è un’impresa difficile.

COSA  PUO’ ACCADERE UNA VOLTA DIVENUTI ADULTI?

Se un bambino ha avuto difficoltà a stare a contatto con i propri bisogni di crescita, da adulto rischia di confondersi, di cadere in diverse trappole psicologiche  che pilotano lo scarso valore che  ha di sè, poichè si sente poco integrato, poco sicuro; svalutato e molto vulnerabile.

Ecco che tutto ciò si manifesta attraverso la sintomatologia o il disagio psicologico, che impedisce la sana crescita e l’autostima ne viene compromessa.

E’ un argomento, semplificato in poche righe. La difficoltà ad attribuirsi il giusto valore del sè viene spesso pervata dal senso di colpa, innescando così una profonda sofferenza in chi vive quotidianamente tale vulnerabilità.

Nei casi più gravi la depressione è imminente ed è il senso di vuoto o di colpa, a volte di vergogna che prevale come figura, abissando nello sfondo la persona e la sua vitalità.

Il terapeuta attento,   cerca insieme al paziente la comprensione per la sua storia e per i suoi blocchi. Ciò è  un’occasione per rendere più significativa e strutturata la propria esistenza, ma ciò necessita supporto, tempo,continuità, impegno e dedizione.

Autore: Marialba Albisinni

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