La differenza tra una madre buona e una cattiva non sta nel commettere errori, ma in ciò che si fa degli errori commessi. D.W. Winnicott
Alcuni clinici e ricercatori (Kumar e Robson, 1984), descrivono le donne come sofferenti di depressione post-partum principalmente basandosi sul sintomo di umore triste o depresso.
La sintomatologia ricorrente riguarda l’incapacità della madre di dormire, difficoltà di concentrazione, instabilità e irritabilità dell’umore.
Per la diagnosi si fa riferimento alle categorie diagnostiche del DSM-IV (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, APA,1995).
Nei casi più gravi la donna sente un forte senso di fallimento che investe il suo ruolo di mamma fino a mettere in discussione il suo senso d’identità e la sua autostima.
Il livello di ansia è elevato, ipervigile e focalizzato solo sul bambino trasurando il suo personale benessere.
Il rapporto nella coppia spesso è compromesso, le difficoltà già esistenti si aggravano perché la donna percepisce scarso sostegno da parte del compagno che a sua volta fa fatica ad adattarsi al cambiamento familiare.
Dal punto di vista clinico la maggior parte delle donne sviluppa i sintomi dalla depressione durante i primi tre mesi dopo il parto (O’Hara, 1997), sebbene un secondo picco di insorgenza si possa osservare anche dopo sei o otto mesi dopo il parto.
Almeno una donna su dieci soffre di depressione post-parto, se una donna ha già vissuto di depressione post-parto, il rischio di soffrirne nuovamente nel caso di parti successivi aumenta in maniera significativa e mantengono la sintomatologia fino a ventiquattro mesi dopo la nascita del bambino.
Secondo il modello di stress e coping (Lazarus e Folkman, 1984), lo stress nasce da un disequilibrio tra richieste e risorse percepite, sia personali che sociali. Una delle risorse percepite può essere il sostegno sociale che se inadeguato può accentuare le difficoltà. Tra le richieste percepite, può esservi invece l’accudimento del neonato.
E’ importante a questo proposito come la madre valuta i messaggi del bambino, anche se risponde ai messaggi del bambino potrebbe arrivare a sentirsi scarsamente competente esigendo troppo da stessa con la conseguenza di avere difficoltà a fronteggiare la condizione di cambiamento psico-fisico.
Il tutto si complica, quando il bambino presenta un temperamento particolarmente difficile o quando i bambini non reagiscono allo scambio relazionale con la figura materna; ciò richiede un maggior impegno energetico a cui la donna non era abituata.
Il dato empirico porta a considerare che le attese della società verso le neo mamme siano molto forti, un 80% delle soluzioni sta principalmente nell’attuare dei cambiamenti sociali.
Durante il pre-parto, la preparazione è concentrata sul vivere serenamente il momento della gravidanza e del parto è ciò tutela questi due momenti fondamentali e delicati.
Il supporto del dopo parto è del tutto inesistente e ignorato e la donna è lasciata emotivamente sola a vivere la sua nuova condizione di mamma.
Bisogna stare attenti ai campanelli di allarme, al senso di frustrazione che emerge quando la donna si scontra con la quotidianità che è differente dall’aspettativa irrealistica creata dall’immaginario sociale.
Un maggior supporto sociale e psicologico per tutelare la salute della donna, aiuterebbe a fare i conti con ciò che sta avvenendo nel suo vissuto, il condividere un’esperienza di forte cambiamento aiuterebbe la donna a ristrutturarsi e a riconoscersi come persona che nella sua unicità è riuscita a realizzare il passo indubbiamente più importante della vita che è quello di “generare la vita”. Diventare madre significa cambiare, dare un valore aggiunto alla propria vita ma spesso tale cambiamento induce tristezza e tanta confusione perchè è un passaggio che ha a che fare con la propria crescita, con la propria identità, con il cambiamento della propria immagine, con il prendersi cura, ed ogni caso va valutato a sè.
Riconoscendo e condividendo gli sforzi energetici che si richiedono in questo delicato momento, renderebbero la donna più consapevole e gratificata a livello personale e sociale. Le aspettative irrealistiche verrebbero smantellate e prevarebbe l’amore incondizionato per il piccolo nato.
La consapevolezza delle difficoltà che concretamente si incontrano danno la possibilità di gestirle in una prospettiva più serena e di godere maggiormente la gioia di questo evento ma soprattutto di vivere tale combiamento come arricchente per la propria identitàm ma ciò spesso implica supporto e se necessario di elaborazione di ciò che ostacola il senso di vivere la meternità col dovere di viverla con serenità.
Autore: Marialba Albisinni
NOTA
In sintonia col pensiero di Jessica Benjamin (da Menti che si incontrano, Lewis Aron)
“La madre è il primo oggetto d’amore del bambino,e, più tardi, oggetto di desiderio. E’ lei che provvede, dialoga, accudisce, sostiene nelle emergenze; è altro significativo, interlocutore empatico, specchio. E’ anche una presenza sicura da cui ci si può allontanare, che impone dei limiti, una frustrazione ottimale, un’alterità esterna reale. E’ realtà esterna, ma solo occasionalmente viene vista come altro soggetto, con obiettivi che non siano il suo vivere in funzione del proprio bambino.
La Benjamin sostiene che il bambino deve arrivare al riconoscimento della madre come “altra separata da sè”, con il suo mondo interno, con le sue esperienze, dotata di un proprio centro di iniziativa, e agente del proprio desiderio.
CIO’ E’ UNA CONQUISTA EVOLUTIVA che si consolida col tempo probabilmente se ci sono i precedenti presupposti.