Categoria: IDENTITA’ E AUTOSTIMA PSICOLOGA A CIAMPINO E CASTELLI ROMANI

La confusione dell’identità. Organizzazioni di personalità borderline: non so chi sono, non so chi sei.

La confusione dell’identità. Organizzazioni di personalità borderline: non so chi sono, non so chi sei.


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Pablo Picasso, Il Bacio, 1925-
Pablo Picasso, Il Bacio- 1925

A cura di Marialba Albisinni

L’identità corrisponde al modo in cui ci percepiamo soggettivamente, al modo in cui ci rappresentiamo e vediamo con trasparenza il  nostro  mondo interno e lo seguiamo secondo le nostre inclinazioni, i  nostri orientamenti valoriali, le nostre passioni e interessi che vengono perseguiti senza conflitti. Abbiamo più o meno una stabilità emotiva e una cognitiva e coerenza nel modo in cui ci percepiamo e percepiamo gli altri.  

Mentre negli adolescenti è naturale che queste rappresentazioni di sé siano più o meno confuse e instabili, poiché si sta attraversando l’esperienza di crescita fisica e psicologica di cambiamento su chi sono e chi desiderano diventare, negli adulti questa identità è più o meno organizzata in modo stabile e coerente.  Se non ci sono state esperienze di deragliamento evolutivo o traumi relazionali,  la conoscenza della propria persona prosegue verso la chiarificazione e la realizzazione di vita.  

Questa stabilità e coerenza interiore permette anche di vedere con più chiarezza chi si ha di fronte e di capirne più o meno la personalità, il buono e il negativo si alternano e integrano e si accettano come sfumature possibili che coesistono; per esempio la persona con cui si ha un legame non viene abbandonata solo perché si vede il difetto temporaneo. La percezione stabile di sé e degli altri permette infatti di tollerare l’ambivalenza che spesso c’è nelle relazioni senza mettere sempre in discussione ciò che si è e ciò che è l’altro in base a elementi apparentemente poco significativi.

Tuttavia non tutti gli adulti hanno una chiara percezione di sé; tale confusione   è il campanello di allarme che aspetti della propria persona sono troppo disorganizzati o sono rimasti sconosciuti,  inespressi, a volte negati  e quindi ci si percepisce semplicemente “confusi e disorientati” si tende a vedere secondo un registro rigido e dicotomico nella prospettiva  del bianco o del nero in cui i meccanismi di difesa proiettivi di qualcosa di me sull’altro o la scissione (buono e cattivo) o il senso di onnipotenza poco realistica confondono la percezione identitaria.

<< Cara dottoressa, sto male _  sono una sognatrice ma non so cosa voglio, comunque sono una fallita ma credo che la colpa sia degli altri;

  • per me lui era così dolce e disponibile, mi dava attenzione _  ma poi si è rivelato tutt’altro perché non mi risponde subito al telefono, a volte lo sento distante e freddo, così non l’ho più cercato, poi era strano a volte la sua presenza mi soffocava.
  • Anche io sono dolce e disponibile ma poi divento cattiva.
  • Non ho chiarezza di chi sono alcune persone, io mi comporto sempre bene perché  non sbaglio mai, quindi mi allontano perché l’altro si comporta male. Questo mi succede con tutti e non trovo l’ uomo giusto. Sono io o sono loro? Sono molto confuso e in ansia>>.

In queste frasi non c’è assolutamente consapevolezza della confusione identitaria che si nasconde dietro queste continue contraddizioni. Sia lei che l’ altro sono percepiti in base alla disponibilità, la freddezza e la mancanza temporanea. Non c’è una valutazione nell’interezza identitaria. C’è un ambivalenza percettiva e una rottura continua che si ripete nella difficoltà di mantenere  relazioni importanti tra il bisogno di averci una disponibilità e al contempo di allontanarla. Nel mezzo e centrale c’è la cosiddetta “diffusione d’identità” per cui si è confusi su chi si è, e su chi sono gli altri;  il lavoro di meccanismi difensivi proiettivi e di scissione  confondono il confine identitario.

Otto Kernberg, noto psicoanalista ci parla di “dispersione o diffusione dell’identità” per cui l’esperienza di sé e degli altri e molto instabile, si cambia continuamente la percezione della propria persona prima svalutandosi molto poi sopravvalutandosi fino ad idealizzarsi. L’immagine di sé e degli altri  cambia continuamente. Ci sono oscillazioni troppo disconnesse,  il bianco o il nero (dovuto a meccanismi difensivi di scissione) prendono il sopravvento alternandosi e quando si subisce per esempio un piccolo torto, l’altro diviene tutto il nero possibile; oppure quando si sbaglia su qualcosa e ci si tende a svalutare in maniera troppo negativa “non valgo”;  oppure si tende a sopravvalutarsi quando ci si percepisce un ambizione che però non è stata mai portata a termine. Il problema è che la percezione del bianco  annulla la percezione del nero, con la difficoltà ad organizzare e riconoscere che le oscillazioni possono coesistere senza necessariamente scindersi. Tale incostanza percettiva di sé e degli altri è fonte di sofferenza e denota  scarsa consapevolezza di sé e della propria storia in termini di confini identitari  e continuità. Si parla in questo caso di organizzazioni di personalità molto instabili e disorganizzate che al contempo soffrono di questa immensa confusione emotiva; in ambito diagnostico le identifichiamo come Organizzazioni di Personalità Borderline. Ciò non deve mai impedire di vedere l’interezza della persona ma ci facilita a contattare le parti di sé poco funzionali e di sofferenza  che emergono durante gli incontri di psicoterapia.

Vediamo nello specifico le difficoltà di chi ha sviluppato la percezione di quel bianco e nero che polarizza, frammenta, entra in contraddizione con aspetti di quel me e dell’altro che non solo crea sofferenza interna,  confusione e instabilità ma disconnette anche troppo dagli altri.

Ciò che è evidente sono diverse rappresentazioni di sé e manifestazioni comportamentali, anche se non sempre si presentano tutte insieme, ma il numero maggiore di queste condizioni ci indica più o meno il livello di gravità. Per comprendere questo aspetto, di seguito prendiamo in esame le caratteristiche di personalità specifiche elaborate da Otto Kernberg e il suo gruppo di lavoro che caratterizzano questa confusione di identità:  

In Ambito studio/lavorativo

  • Abbandoni scolastici e impegni vari;
  • Si percepisce inefficiente:
  • L’instabilità nelle relazioni e nel lavoro;
  • Insoddisfazione per il proprio lavoro;
  • Instabilità negli impegni e cambiamenti vari;
  • Gli obiettivi non corrispondono alla carriera intrapresa;
  • Le attività che si intraprendono non hanno molta rilevanza e significato;
  • Detesta lo studio o è indifferente e non trae alcuna gratificazione:
  • Non identifica alcuna attività che implichi un significativo investimento di tempo e impegno;
  • Non ci sono attività ricreative significative nella sua vita;

Il Senso del Sé

  • Il tempo è percepito discontinuo e frammentato; non c’è consapevolezza di continuità storica del suo vissuto;
  • Incoerenza sui personali gusti, opinioni e preferenze;
  • Quando parla di sé mostra delle incoerenze, confusione e contraddizioni non è in grado di spiegare chi è;
  • Grave disagio quando è da solo;
  • Assenza di relazioni intime significative e continuative;
  • Tendenza ad attribuirsi valore in relazione ad altri; l’autostima è in gran misura determinata dal confronto con gli altri;
  • Tendenza a sentirsi superiore o migliore agli altri, o in contraddizione a sentire di valere meno degli altri;
  • Valore di sé masochistico;
  • Senso di autostima instabile, cambiamenti sul modo di vedersi;
  • Fragile senso di autostima influenzata e definita quasi interamente dai feedback esterni, in grado decisamente maggiore rispetto ad altre persone;

 Senso dell’altro

  •  L’altro va bene quando risponde ai propri bisogni e viene idealizzato ma non riesce a descriverlo o e contraddittorio.
  • Incapacità di giudicare i sentimenti degli altri a partire dalle loro azioni;
  • Difficoltà a valutare come gli altri la percepiscono;
  • Preoccupazione consistente per il timore che le opinioni degli altri su di lui/lei cambino rapidamente e imprevedibilmente;
  • La visione degli altri è influenzata da come queste persone sono percepite dagli altri, i feedback e le opinioni esterne sono tenuti in considerazione e hanno un forte peso nella stima e nella valutazione  di sé nei confronti di persone significative;
  • Ha frequenti fraintendimenti sociali, errori di giudizio;
  • E’ superficiale, confuso contraddittorio quando parla degli altri.

In terapia il lavoro è altamente collaborativo, si contatta la sofferenza e si lavora non solo con alcune di queste dimensioni del vissuto soggettivo ma si aiuta a organizzare la propria identità in maniera più integrata e sicura.  Si aiuta a differenziare il Sé da ciò che è altro, ciò permette a creare e chiarire i confini identitari – a ciò che è interno (rappresentazione di sé) e ciò che è esterno (distinto anche dai meccanismi proiettivi di sé verso l’altro).

Dopo aver lavorato molto nella relazione terapeutica, solo l’alleanza ci permette di lavorare e comprendere  cosa ha contribuito a tale disorganizzazione.  Un  lungo lavoro  di impegno da ambe le parti che porta risultati solo se si lavora nell’accordo della continuità;  si comprende la discontinuità e le contraddizioni che avvengono nel qui ed ora autentico col terapeuta;  ciò  aiuta a riorganizzarsi in maniera più coerente  e sicura con sé e  con gli altri, di vedere bene il confine psichico ed emotivo che c’è tra il terapeuta e il paziente ma anche le persone che includono la vita del paziente; esplorare  i meccanismi difensivi “insieme” quelli che impediscono la riorganizzazione del proprio assetto identitario più consono a sé e sicuro aiuta a far emergere gradualmente l’autenticità del senso del Sè.

Se avete questa confusione e pensate spesso di mollare la terapia probabilmente è importante parlarne in maniera aperta con il vostro terapeuta che probabilmente sta subendo la vostra svalutazione imminente che è dovuta alla vulnerabilità percettiva. Il terapeuta conosce i meccanismi difensivi che si attivano e capirà l’importanza del momento svalutativo. Infatti la  svalutazione probabilmente è dovuta ad una momentanea incomprensione o proiezione di un vostro vissuto distorto sul di lui, ricordate il lavoro che state facendo con lui/ lei e non perdetelo di vista. Se cadete in quella gabbia del “nero” probabilmente sarete portati a pensare di cambiare terapeuta ma  il mio consiglio nonostante la confusione che avete è “non mollare”; la confusione tra chi siete e chi è l’altro avviene anche in terapia ma si lavora per comprendere come siete organizzati. La continuità  che state creando con un professionista di cui vi siete fidati sarà la base sicura per riorganizzare emotivamente voi stessi ed è fondamentale per la vostra salute mentale, per  l’identità e per le relazioni che desiderate avere nella vostra vita. Abbiate fiducia, i tempi per riconoscervi in questo caso però sono  lunghi, dipenderà molto anche dalla relazione di fiducia che avrete con il terapeuta che scegliete per voi _ ma parlate dei dubbi, delle confusioni e vedrete che pian piano riuscirete a riorganizzarvi con maggior fiducia e serenità.

Marialba Albisinni, psicologa, psicoterapeuta

Or.psicoanalitico

Disturbi di Personalità- Organizzazioni di Personalità Borderline

ricevo a San Cesareo (RM) e Ciampino (RM)

Confusione dell'identità
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Identità 2 – L’ambiente facilitante


madre figlio

<< L’organizzazione dell’esperienza del bambino è preceduta dalle percezioni organizzate che la madre ha di lui e da essa dipende. La madre supporta, e porta il mondo al bambino>>. (Donald Winnicott, 1960).

Donald Winnicott, pediatra e psicoanalista degli anni “60” approfondisce la relazione madre-figlio e  fa importanti considerazioni di osservazione clinica: le percezioni della madre precedono quelle del bambino e quest’ultimo  tendenzialmente organizza le  rappresentazioni su di sè in base ad esse. Oggi sappiamo che tale considerazione è ampliata  a tutte le relazioni significative (ambiente) in cui il bambino è coinvolto sin dalla nascita, in primis ci sono le relazioni con i genitori.Il caregiver (chiunque si occupi della cura e della crescita del bambino) assume una funzione rilevante per la crescita psicologica.

Il vero Sé  tende a svilupparsi solo se l’ambiente fornisce facilitazioni di crescita appropriate.

Ma è interessante partire dalla base. Secondo la concezione Winnicottiana  “l’Io della madre fornisce forza ed integrazione all’Io del bambino” (1953, 1960).  L’Io comincia ad esistere in quanto c’è un ambiente affettivo, un caregiver o persona che si prende cura di… che facilita i processi di crescita grazie al rifornimento emotivo offerto.

In tale concezione l’identità, comincia ad emergere    e seguire gradualmente la realizzazione più vicina ad un versante autentico, ossia vicina ai propri bisogni (Vero Sè) o seguire un processo di sviluppo più mascherato, meno autentico chiamato “Falso Sé”, deragliato e direi estremamemente adattato sui bisogni dell’altro significativo; in quest’ultimo caso prevale  sofferenza e malessere e un senso poco reale di sè.

La psicopatologia è la conseguenza della costrizione, della corruzione nel movimento e nell’espressione del sé. Il bambino all’inizio è non integrato ma grazie alle cure del caregiver e dell’ambiente emotivo relazionale facilitante i processi di crescita hanno inizio, il bambino esiste e il suo sviluppo è teso verso l’integrazione della sua identità.

Inoltre Winnicott sottolinea che il processo evolutivo deve essere un percorso fluido e per intero, ogni interruzione, ogni salto nello sviluppo determina una distorsione; l’affrettarsi in un punto o il ritardare in un altro lascia comunque una cicatrice, ma il tutto avviene in una matrice di esperienze emotive relazionali; ecco perché è importante comprendere i bisogni del proprio figlio e rispettarli nei propri tempi e nella propria essenza. Se il bambino imparerà a rispettare i suoi bisogni, gradualmente e con la maturità sarà portato a vedere anche quelli degli altri, in una prospettiva di intersoggettività più sana e rispettosa. Lo sviluppo psicosomatico nella sua integrazione formativa è una conquista graduale che richiede i suoi tempi e soprattutto un rispetto dell’adulto nei confronti di una formazione identitaria, diversa da sè.

In quest’ottica lo sviluppo sano e la formazione dell’identità vengono facilitati se alla base c’è, afferma Winnicott un “ambiente facilitante” rappresentato da persone mature, capaci di comprendere la crescita, i ritmi e la diversità di colui che sta crescendo.

Autore: Marialba Albisinni

1- Introduzione – L’identità: una difficile definizione


picasso sconosciuto Nel mio lavoro amo molto lavorare con adolescenti e giovani adulti e adulti in difficoltà. Nella maggioranza dei casi, i genitori mi contattano perché i figli presentano una sintomatologia precisa, importante, che provoca non poche preoccupazioni del genitore e forti disagi nei ragazzi. A volte, emerge  che il  cambiamento che stanno vivendo i ragazzi, dovuto alla loro crescita psicologica,  è diversa e distante dall’aspettativa creata ingenuamente dai genitori.  Il lavoro collaborativo con i genitori è fondamentale al fine di facilitare la crescita di entrambi. Spesso hanno difficoltà a mettersi nella posizione di ascoltare e conoscere i figli e tristemente hanno aspettative tendenti a  realizzazioni inerenti ad  ambizioni personali  poco riuscite, magari risalenti alla loro giovinezza. In questo senso, i genitori non sostengono la crescita dei figli e si privano della relazione con loro, e dinamiche psicologiche poco elaborate della loro vita influiscono sulla non relazione con i figli. Sono ovviamente  alcuni esempi.

Ne risultano figli tristi o arrabbiati; troppo attenti e precisi o distratti e ribelli. Sono tante le valutazioni che i genitori deducono dai loro comportamenti. Da parte dei ragazzi invece emergono sempre di più le sensazioni di “sentirsi sbagliati” e “confusi” o in colpa: spesso si concretizzano sintomi che rimandano a disagi importanti e gli stessi ragazzi non si danno alcuna possibilità di conoscersi e di conoscere la loro personale direzione;  potrebbe a questo proposito, nascondersi  la paura di rinuciare ad un importante affetto, cioè quello dei genitori.   Sono combattuti, in pieno conflitto ma ciò avviene a un livello inconscio e quindi incomprensibile. Capire diventa complesso.

Seguiranno brevi e coincise informazioni psicologiche tratte dalle più esponenti teorie inerenti allo sviluppo affettivo e cognitivo che ovviamente non sostituiscono la psicoterapia ma mi auguro daranno modo di riflettere su come si struttura l’identità sana e meno sana.Buona lettura.

 

Autore: Marialba Albisinni

Narcisismo e Psicoterapia: la ferita narcisistica genera rabbia


Art.correlato “L’efficacia in Psicoterapia”

– Che cos’è l’equilibrio narcisistico? Cosa lo differenzia dal patologico?

“L’ equilibrio narcisistico” è fondamentale per l’ esistenza di ogni essere umano e con equilibrio mi riferisco a ciò che intende la psicologia del sè: è la condizione di equilibrio interno in cui i nostri valori, ideali, principi, ambizioni e mete possono avviarsi; sono in qualche modo attivi, organizzati e armonizzati in termini di  vitalizzazione verso il nostro naturale  senso di autorealizzazione. L’equilibrio narcisistico concide con la sensazione di sentirsi in qualche modo “coesi” con se stessi e questo può avvenire se si è stati emotivamente sostenuti ed affettivamente riconosciuti. Continua a leggere “Narcisismo e Psicoterapia: la ferita narcisistica genera rabbia”