Sono autentico o occultatore?

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Quanto ci si sente autentici con se stessi e quanto compiacenti con gli altri? Probabilmente quest’ultima modalità è poco consapevole ma causa di importanti disagi. Esperienze di involontario deragliamento portano alla confusione di chi si è, di quanto ci si percepisce reali  ed  autentici.    Ancora oggi, la teoria di Donald Winnicott, un autorevole pediatra e psicoanalista mancato negli anni settanta è suffragata da alcune recenti teorie e dalle esperienze che le persone narrano in modo profondo in ambito clinico. Egli asserisce che esiste un “Sé centrale” o “Vero sé” definito come una potenzialità ereditata di sentire la continuità dell’esistenza e di acquisire un modo proprio con un proprio ritmo la realtà psichica connessa al proprio schema corporeo connesso al proprio esserci.

Il senso di sentirsi autentici,  riguarda la capacità di stare a contatto con i propri bisogni; ciò non significa essere egoisti ma crescere in termini evolutivi con maggior consapevolezza.  Il bambino si sviluppa passando inizialmente da una fase di dipendenza infantile ad una indipendenza,  la maturazione cognitiva ed emotiva si evolve da una concezione illusionistica di onnipotenza in cui crede che le risposte dell’ambiente siano create da lui ad una percezione più realistica di quelle che sono anche le limitazioni dell’ambiente e quelle personali; gradualmente definisce il senso della risposta alla sua intenzionalità, cioè diviene  consapevole che ogni suo atto provoca una risposta e il senso di agency ha inizio, può esistere.

Tali passaggi avvengono all’interno della relazione materna che determinano la struttura, la coerenza, la vitalità del senso del sé integrato ed autentico. Lo sviluppo può proseguire in modo sano verso il Vero Sè o tendenzialmente si deraglia verso il Falso Sè creando sofferenza e senso di inautenticità e solo adattamento forzato.

Il Vero sé non fa altro che raccogliere insieme i dettagli dell’esperienza di essere vivi, ma ciò viene vissuto come autentico e reale se c’è stato da parte del caregiver, ossia della persona accudente, una rispondenza empatica che Winnicott chiama specchio: la capacità di sentire e conservare il senso del proprio essere come qualcosa di reale dipende dal fatto che la madre per prima, abbia fatto la stessa cosa e che sia stata sufficientemente sintonizzata con i bisogni del piccolo, mostrando al bambino come in uno specchio chi egli sia e come sia fatto.Questa funzione rispecchiante è estesa a chiunque abbia una funzione di cura e accudimento e crescita del bambino, in primis i genitori.Ma se ciò che il caregiver si aspetta è talmente lontano da chi questo essere vuole essere e divenire si possono avere seri problemi dell’identità e disagio psicologico.

Il rispecchiamento dell’altro è inevitabilmente significativo. Solo in questo modo le persone vivono creativamente e sentono che la vita merita di essere vissuta.Le prime relazioni sono fondamentali al fine di avviare un sano sviluppo o una malsana crescita.

Tale funzione di rispecchiamento è fondamentale ed è una delle forze attivanti per lo sviluppo autentico coerente con quella che sarà poi l’ identità. Quando la figura di accudimento non risponde sufficientemente alle esigenze del bambino, è lui stesso costretto ad essere compiacente alle richieste ambientali, tramite una parte del proprio essere chiamata il Falso Sé; ne dovrà fare i conti per la vita poichè in genere queste persone tendono a sviluppare disturbi di personalità importanti e la caratteristica fondamentale è che hanno un senso del sè, in termini di sentito e rappresentativo di sè molto lontano da ciò che sono i propri bisogni, le proprie appartenenze, quel senso reale di essere che rispecchia invece  le proprie inclinazioni. Questo viene rappresentato poi con l’occultamento del sè che spesso vive per la compiacenza dell’altro più che per il senso personale di esserci. Ciò è fonte di sofferenza, poichè tendenzialmente queste persone non riescono a emergere con la loro vera personalità, poichè è stata incvolontariamente deragliata da esperienze relazionali malsane.

Il lavoro psicoterapeutico e analitico favorisce, aiuta, comprende e  attiva processi di crescita verso un senso più autentico, vitale e reale del proprio Sè. Ciò non significa essere egoisti ma si lavora in una propettiva inter-soggettiva tra chi si è e chi è in qualche modo l’altro, il personale sviluppo gradualmente si avvia verso la realizzazione della propria persona.

Psicoanalisi intersoggettiva

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