Parallelamente alla nascita di un bambino, vi è una nascita materna e paterna. La dinamica emotiva della paternità è poco conosciuta, l’attenzione durante la gravidanza è concentrata sulla donna, dopo la nascita del piccolo si sposta tutta sul bambino ma il papà cosa vive, quali sono i suoi sentimenti, quali i suoi compiti, quale la sua identità?
In questi anni si è assistito ad un maggior coinvolgimento da parte del padre nella vita familiare, la sua presenza è importante già durante la gravidanza, non pochi corsi pre-parto consentono la loro partecipazione e l’accesso in sala parto permette all’uomo di sostenere la donna durante un momento unico e irripetibile “la nascita del proprio figlio”. La condivisione di questi momenti sono fondamentali, il prendere in braccio il proprio bambino appena nato, assume un momento significativo per il padre che è coinvolto attivamente nel rapporto con lui sin dal primo momento e gli consente una partecipazione attiva da subito.
Facciamo un piccolo passo indietro. Da un punto di vista tradizionale il ruolo paterno è stato spesso considerato “periferico”, perché “mamma” equivale ad affettività e calore, “papà” a livello culturale equivale a protezione sociale, sostentamento economico e qualche volta autoritarismo. Oggi la situazione sociale è cambiata, i papà sono più coinvolti nella relazione familiare. Nonostante il mantenimento del ruolo di padre tradizionalista, l’uomo si sente sovrastato di richieste e responsabilità che non sempre riesce a soddisfare.
La rete familiare della cosiddetta famiglia allargata viene a mancare, la donna spesso lavora e la richiesta di sostegno da parte sua è inevitabile. E’ un dato di fatto che è aumentata la pretesa della donna di essere aiutata e sostenuta nella crescita dei figli perché adempiere a tutto e farlo nel modo migliore non è sempre semplice. Il compito genitoriale, esige un pieno adempimento nella cura dei propri figli ma spesso equiparare troppo i ruoli porta non solo a confondere il ruolo paterno ma a compromettere la relazione di coppia facendo slittare le esigenze prorompenti degli uomini in secondo piano.
Ma allora mi chiedo: è vero che c’è un maggior coinvolgimento da parte dei papà nella crescita dei figli, come sta cambiando il loro ruolo e in che direzione sta andando? Gli studi psicodinamici dimostrano l’importanza della figura materna nei primi tre anni di vita, perché il bambino è bisognoso di cure e accudimento pratico; dopo questo periodo in cui il bambino ha raggiunto una propria autonomia subentrano i papà i quali si sentono più coinvolti e sicuri nella vita di gioco del proprio bambino.
Tuttavia nuovi studi ma anche la realtà sociale odierna dimostrano come la presenza dell’uomo sin dal primo momento sia importante per creare una solida relazione e che la presenza di entrambi i genitori sia necessaria per la crescita armonica. Per un papà, ovviamente non significa dar da mangiare al piccolo per instaurare un buon rapporto con lui, ciò non toglie che è di sostegno alla donna. Mi rendo conto, come in letteratura ci siano pochi testi che parlano del ruolo paterno e di come oggi sia meno definito rispetto al passato. E’ difficile parlare di identità paterna e mi domando al di la delle aspettative sociali, i padri sono poco ascoltati, poco compresi; cosa vorrebbero i padri e dove sta andando la loro identità paterna? il coinvolgimento che hanno sin dalla nascita del proprio bambino è preteso dalla donna e dalla necessità di sostegno della stessa o è un bisogno che emerso nell’uomo?
Personalmente credo che dovrebbe essere una questione di scelta ma anche di responsabilità. Essere un padre diciamo “tradizionalista” significa occuparsi del sostentamento economico della famiglia ed essere un ponte verso il mondo esterno guidando i propri figli nelle relazioni sociali, proteggendoli con il proprio modo. Ciò consente di mantenere una relazione affettiva con loro senza necessariamente cambiare un pannolino, ma dare la certezza che il papà c’è, nel momento in cui deve proteggere la propria famiglia dai pericoli “sociali” guidandola nella direzione giusta.
La madre da sempre considerata la figura protettiva interna alla famiglia, colei che si prende cura dei piccoli, colei che è pronta a coccolare e contenere le emozioni dei propri figli, spesso per motivi economici, sociali e di realizzazione personale è portata a lavorare e a distribuire il suo tempo. Credo che in questi anni si stia assistendo ad una trasformazione un po’, direi, confusa dei ruoli genitoriali e che debbano in qualche modo ridefinirsi e ristrutturarsi cercando una propria collocazione all’interno della famiglia e della società, ma probabilmente questo interessa il coordinamento e la responsabilità della coppia più che i ruoli definiti.
Per contribuire al “sano sviluppo dei propri figli” e per non compromettere la vita di “coppia genitoriale” credo sia importante accordarsi sul da fare, ascoltare le esigenze di entrambi e trovare più soluzioni di intesa; in questo modo anche l’identità paterna può divenire una scelta “tradizionale” o “egualitaria” oppure direi “coordinata” ma è importante che anch’essa sia riconosciuta, i litigi nella coppia potrebbero placarsi e la salute psico-affettiva del figlio verrebbe tutelata dalla responsabilità di comunicarsi e sostenersi nella “coppia genitoriale” anche quando a lungo andare, a volte, ci si separa come coppia; “genitori si rimane”.
Marialba Albisinni