I “no” dei bambini: una lotta da gestire?

Spesso la preoccupazione dei  genitori riguarda il cambiamento della modalità comportamentale del proprio figlio.
Bambini tranquilli che si trasformano in dissidenti e ribelli, bambini irruenti che diventano dei veri e propri tiranni, di fronte ai quali i genitori si sentono impotenti.
Siamo di fronte alla comparsa del <<no>>, all’antagonismo che il bambino ha nei confronti delle

regole educative ma soprattutto di fronte alla sua famelica naturale voglia   di esplorare ed  affermarsi. Tale comportamento non deve destare  troppa preoccupazione, ma una sana attenzione alle dinamiche in atto permette di   conoscere  le  preferenze e le tendenze del proprio bambino-
Un autorevole studioso R.A. Spitz, attraverso l’osservazione diretta del bambino, ha individuato una tappa importante dell’evoluzione psicogenetica del bambino, caratterizzata dalla comparsa del <<no>>.
Secondo Spitz la comparsa del <<no>>, permette al bambino di giungere ad una completa distinzione tra se stesso e la madre, ciò permette l’accesso alle relazioni sociali e al riconoscimento di sé; ma questa fase può essere compromessa se non si permette una sana differenziazione.

Il bambino verso i due anni comincia ad affermare la propria autonomia, oramai ha imparato a muoversi in modo sicuro e disinvolto, l’attaccamento con le figure significative è avvenuto e se lo sviluppo procede nella sana direzione è ormai consolidato; quindi, in concomitanza con lo sviluppo del pensiero e linguistico compare l’avverbio “no” che precede la comparsa del “si”.
Ciò è indice che il bambino è pronto a soddisfare la propria autonomia attraverso la curiosità e la tendenza esplorativa nei confronti dell’ambiente circostante ma è importante l’atteggiamento  dell’adulto.
Il piccolo è in preda alla curiosità di “conoscere”, “esplorare” ed affermarsi con le proprie esigenze e richieste, è fortemente attivato il sistema motivazionale esplorativo che ha bisogno di spazio empatico da parte del genitore.
Tale atteggiamento spesso entra in contrasto con le regole educative impartite dai genitori o con le modalità fortemente narcisistiche del genitore che non permette al bambino di sentire i propri bisogni- “Il piccolo dipendente, bisognoso di soddisfare essenzialmente i bisogni primari si trasforma in un piccolo lottatore in preda alla richieste più assurde; in netto contrasto con le richieste dei genitori il “no” prevale in ogni situazione, a volte  la lotta psicologica tra due contendenti sembra non avere fine.

Cari genitori, è fondamentale l’atteggiamento dell’adulto perchè è decisivo ai fini dello sviluppo affettivo emotivo e cognitivo. Una forte opposizione da parte dell’adulto si trasforma in una lotta senza fine, da una parte il piccolo che si trova a suo agio in una fase esplorativa sociale, dall’altro l’adulto con un senso d’impotenza nel gestire tale situazione.
Un atteggiamento di limitazione e coercizione da parte del genitore potrebbe indurre nel bambino un ipercontrollo e un’inibizione della sua capacità esplorativa e della sua possibilità di raggiungere la propria autonomia, e ciò non è sano, nè educativo.
Vi potrebbe essere una conseguenza opposta da parte del piccolo in cui può prevalere una vera e propria ribellione provocatoria. E’ una fase difficile da gestire da parte del genitore. L’atteggiamento più idoneo probabilmente è quello di dare attenzione a ciò che sta avvenendo, assecondando la capacità esplorativa del bambino stando attenti e vigilare su di lui,  con cura e attenzione disciplinando se stessi si disciplina gradualmente anche  il piccolo che  tenderà ad introiettare modalità comportamentali più sane.
Far sentire che si è presenti al momento del bisogno è necessario per rafforzare la fiducia e l’alleanza genitore-figlio.
L’essere autorevole è l’atteggiamento che aiuta la crescita del bambino, diversa dall’autoritarismo inflessibile che implica la pretesa che il piccolo segua rigidamente le regole imposte.
Ciò non vuol dire essere permissivi e permettere il fare e di  disfare  tutto, ma essere capaci di dare il giusto spazio esplorativo permettendo di sperimentare il proprio <<no>> inteso come affermazione;  porre limiti, e quindi no decisivi dell’adulto quando è in pericolo l’incolumità del bambino ma anche quando il genitore decide di applicare una regola educativa e quindi  disciplinare il suo comportamento.
E’ importante “permettere” ma “spiegare” e motivare a sua volta il “proprio no” in contrasto con il “no del proprio bambino” dando significato alla regola educativa che il piccolo tenta di violare. In conclusione un “si alla sperimentazione delle alternative proposte dal bambino”,  un “si alle regole educative e significative del genitore”.
Conciliare questi due aspetti non è facile se come genitori si hanno delle rigidità e si vieta al bambino l’esplorazione che tra l’altro necessita di spontanee conferme  nei confronti dei suoi legittimi bisogni; c’è in gioco la sua futura autostima. E’ tra l’altro importante armarsi di tanta pazienza o semplicemente entrare in relazione con lui lasciando il giusto spazio e la giusta disciplina; ciò permette di  gestire al meglio tale situazione  agevolando la crescita e la sua autonomia ma soprattutto si hanno maggiori possibilità di stabilire una base di fiducia relazionale e crescita di entrambi.
Autore: Marialba Albisinni

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