Da un racconto di una mamma.
Sedute intorno al tavolo, tagliavo un po’ di cioccolata per la mia bambina, aveva appena tre anni, lei guardandomi con i suoi occhi teneri, disse: <<mamma, a lui non la dai?>>.
Rabbrividiì e rimasi per un istante smarrita e confusa; nella testa lo scorrere di mille pensieri: “ha un’allucinazione visiva, è impazzita, le manca qualcosa, c’è per davvero qualcuno qui presente?”. Mi proposi di comprendere ed indagare.
Chiesi <<a chi devo dare l’altra cioccolata?>>
E lei risponde con disinvoltura: al <<mio amico Sander>>.
Decisi di stare al gioco e chiesi, dov’è?: “è seduto qui vicino a me” risponde lei.
Avevo estremo bisogno di essere rassicurata, in preda all’ansia le chiesi ancora: <<lo vedi davvero o è finto? >>.
La mia piccola sorrise, dicendo: <<no,no, per finta, non si vede…>>.
Avere un amico immaginario è tipico di molti bambini ed è frequente nella fascia di età che va dai tre ai sei anni, per cui la fantasia predomina sull’aspetto logico.
Questa figura immaginaria serve a scaricare ansie, paure o ad esprimere desideri e concretizzare magicamente un amico che è presente “come” e “quando” si vuole. Spesso è fonte di preoccupazione da parte dei genitori e tale reazione, giustificata non deve destare ansie particolari.
Cosa deve fare un genitore?
innanzitutto tranquillizzarsi e pensare che è tipico di molti bambini immaginare di avere un amico uguale o molto diverso da lui.
Chiedere informazioni sul chi è l’amico immaginato, aiuta il genitore a capire che tipo di paura o desiderio ha il suo bambino. A volte l’amico immaginario fa cose diverse da lui, è l’amico che infrange le regole che lui non può, viceversa, l’amico rappresenta il bravo bambino che lui ha difficoltà di essere.
Sono tanti i motivi che attiva questa fantasia, capire cosa significa per il proprio figlio aiuta ad avvicinarsi al piccolo e alla sua sfera emotiva. M. Taylor, nel suo libro “I compagni immaginari e i bambini che li creano”, spiega che questo comportamento non costituisce una patologia, anzi questi bambini sono capaci, più di altri, di mettere in atto soluzioni alternative arricchendo il loro bagaglio conoscitivo.
Il problema sussiste, quando il bambino interagisce solo ed esclusivamente con una figura immaginaria tralasciando le reali interazioni. In questo caso è bene contattare uno psicologo che oltre a favorire una comprensione del problema, cerca con la collaborazione dei genitori alternative specifiche al caso.
Quindi cari genitori, agitarsi perché il proprio bambino sfrutta al meglio la propria fantasia non deve essere causa di allarmismi ma occasione di conoscenza e di avvicinamento al proprio bambino e alla sua sfera emotiva. Stare al gioco del proprio figlio, mantenendo separate la “realtà” dalla “fantasia” aiuta il bambino a fidarsi del genitore e a condividere con lui un magico viaggio nella fantasia.
Autore: Marialba Albisinni